Riconoscimento dei titoli stranieri: una sentenza memorabile!

Riconoscimento dei titoli stranieri: una sentenza memorabile!

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8261 della Terza Sezione pubblicata in data 2 dicembre 2019, si pronuncia sul riconoscimento in Italia del titolo odontoiatrico conseguito in Portogallo.

La controversia era sorta dal rigetto, da parte del Ministero della Salute, della richiesta di riconoscimento del titolo stesso, con contestuale disposizione di una misura compensativa.

A seguito dell’impugnazione del diniego amministrativo, il TAR aveva annullato il provvedimento del Ministero della Salute.

Quest’ultimo, ricorrendo al Consiglio di Stato, sostiene che il titolo conseguito non rispetti quei criteri minimi di formazione di cui alla Direttiva 2005/36/CE, che comportano il riconoscimento automatico del titolo, alla luce della durata del percorso formativo concluso all’estero dal resistente. Ritiene inoltre che un riconoscimento automatico comporterebbe un procedimento meramente certificatorio, e non autorizzativo, quale invece è. Lo Stato ospitante, secondo la prospettazione del ricorrente, ha comunque la possibilità di confrontare la formazione del professionista con i requisiti previsti a livello nazionale, per ragioni particolari ed eccezionali.

Il resistente, di contro, richiama la sentenza n. 4118 del 18 giugno 2018, che ha fatto seguito, a sua volta, alla decisione della Terza Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea pubblicata in data 7 dicembre 2018: “La CGUE, come ricordato, ha affermato i seguenti principi essenziali per la soluzione della controversia: se uno Stato membro attesta che i titoli sono rilasciati in conformità alle condizioni minime di formazione di cui agli artt. 24 e 34 DIR 2005/36, ogni altro Stato membro è obbligato al riconoscimento automatico e incondizionato nel senso che l’equipollenza dei titoli di formazione non può essere subordinata ad alcuna condizione ulteriore rispetto a quanto stabilito dalla Direttiva; il Collegio ritiene quindi che allo Stato membro ospitante non residui alcun margine di discrezionalità, giacchè i princìpi alla cui stregua il riconoscimento del titolo professionale deve avvenire sono direttamente fissati dalle Direttive, cui ovviamente nessuno Stato membro può derogare con propri atti“.

Il Consiglio di Stato, nell’accogliere la tesi del resistente, definisce il reciproco riconoscimento dei titoli professionali tra Stati membri “uno dei pilastri del Trattato” e ritiene che le motivazioni addotte dal Ministero a fondamento della propria determinazione non sono riconducibili ad alcuna delle “circostanze eccezionali” richieste dalla Direttiva comunitaria per le quali uno Stato membro possa legittimamente sottrarsi all’obbligo di riconoscimento.

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